Namusairo dabang

La riscoperta dei Dabang

 Origine ed evoluzione della cultura del caffè nella società coreana

Quando il caffè è una questione reale

La cultura è stratificazione, ibridazione e commistione di elementi che sembrano cozzare l’uno contro l’altro. Questa costante lotta intestina conduce all’evoluzione della struttura culturale di un paese, mentre la reiterazione dei relativi comportamenti ne implica la sedimentazione profonda nel tessuto sociale. Il fascino della cultura coreana deriva dalla sua complessità, radicata in secoli di storia e tradizioni, alcune originarie e autoctone, altre invece scoperte dal contatto con l’esterno e poi interiorizzate e fatte proprie. Tra queste, senza dubbio, rientra la “recente” diffusione del caffè e dei relativi coffee shop. 

L’inconfondibile colore livido, il sapore amore e intenso, il profumo avvolgente sono gli elementi che contraddistinguono e rendono unico il caffè; quando ci si trova davanti a una tazza di caffè non basta assaggiarlo, bisogna imparare ad amarlo. Il primo a farlo in Corea è l’Imperatore Gojong (1863-1907) alla fine del XIX secolo. A seguito di malcontenti popolari e dell’uccisione della regina Min, l’Imperatore si ritrova, dapprima, prigioniero nella sua stessa dimora poi, travestito da donna, riesce a rifugiarsi presso l’Ambasciata russa. La storia narra che ad offrire una tazza di caffè all’Imperatore è Antoinette Sontag, cognata tedesca dell’allora Console generale, e da quel momento non ne può più fare a meno. A dimostrazione del suo amore per il caffè, pochi anni dopo la sua permanenza nell’Ambasciata russa, aiuta la Sontag ad aprire il primo dabang (versione tradizionale degli attuali coffee shop, mutuata dal modello delle tea house) della Corea, rivolto principalmente alla comunità straniera residente nel paese. 

Come è facile intuire, la presenza di diplomatici occidentali in Corea comporta una progressiva introduzione di cibi e bevande tipici che ben presto assurgono a sinonimo di ricercatezza e raffinatezza. Con ogni probabilità l’Imperatore Gojong non è il primo coreano ad assaggiare il caffè ma, senza dubbio, è il primo a rischiare di morire a causa di una tazza di caffè. Nel 1898, infatti, è vittima, insieme al figlio, di un complotto ordito da un ex ufficiale di corte che, con l’aiuto di un complice, riesce a mettere del veleno nel caffè destinato ai reali; fortunatamente sia l’Imperatore che il principe riescono a sopravvivere al tentato avvelenamento.

Cento anni di evoluzione della cultura del caffè in Corea

Se con la Sontag e il suo dabang il caffè è inevitabilmente accostato a incontri diplomatici e conseguenti intrighi internazionali, l’occupazione della Corea da parte dei giapponesi (1910-1945) trasforma i dabang nei luoghi preferiti da intellettuali, artisti e dai membri della classe abbiente della società coreana. La loro popolarità non accenna a diminuire neppure durante la Guerra di Corea (1950-1953), anzi è oggetto di un’ulteriore evoluzione grazie ai soldati americani che portano con sé e fanno scoprire il caffè solubile istantaneo. Gli anni della Guerra di Corea sono anni spartiacque tra un prima e un dopo; la profondità del loro impatto nel paese è testimoniata dal complessivo cambiamento di cui la Corea è protagonista nell’immediato dopoguerra. Coerentemente con le trasformazioni strutturali che investono ogni aspetto del paese, dagli anni ’60 in poi la Corea trasforma il caffè da prodotto simbolo dell’Occidente a elemento cardine della quotidianità della società coreana. Il caffè non è più qualcosa di esotico, riservato a una ristretta cerchia di persone bensì comincia a divenire un bene di consumo accessibile alla crescente classe media. Merito della Dongsuh Foods Corporation, la prima società coreana a decidere di produrre nel 1976 caffè solubile in pacchetti monouso. Anche i cafè nel mentre mutano forma e si trasformano in coffee shop per studenti universitari e coppie. La percezione sociale che li interessa cambia, iniziandoli a mettere in una posizione di rilievo. I coffee shop a tema, invece, fanno la loro apparizione negli anni ’80 insieme alla macchina per il caffè espresso; è la nascita dell’Americano, ancora oggi uno dei caffè preferiti dai coreani. È poi la volta della nascita di rinomate catene di caffè – Starbucks tra tutti – a cui segue un’importante controtendenza guidata da coffee shop rigorosamente indipendenti che rivendicano con forza la necessità di sviluppare la propria autenticità identitaria. Alla volontà di affermarsi come spazi autonomi di gestione si affianca l’esigenza di offrire un prodotto unico in termini di qualità e ricercatezza. Per decenni, infatti, i coreani hanno conosciuto il caffè istantaneo come l’unica versione possibile; gli attuali coffee shop portano avanti un percorso di riscoperta del caffè nella sua interezza, dalla produzione alla tostatura fino alla preparazione finale. In altre parole restituiscono valore al caffè, aggiungendo consapevolezza al consumatore che assaggia il prodotto. Ecco dunque che si arriva all’ultima evoluzione nel processo di costruzione di una vera e propria cultura del caffè, dagli anni zero, infatti, i coffee shop indipendenti sono spesso anche torrefazioni con un’esclusiva selezione di caffè.

dabang Jidaebang seoul
Jidaebang – sala da tè tradizionale a Insadong (foto da visitseoul)

I coffee shop nella società coreana: spazi fisici e mentali      

Il mercato del caffè è un business serio in Corea, secondo le statistiche ufficiali, infatti, solo a Seoul sono presenti oltre 18000 coffee shop (più di 60000 in tutto il paese); non sorprende quindi che la Corea sia il sesto paese al mondo per consumo di caffè: la stima è di circa 12 tazze a settimana, ovvero oltre 500 tazze di caffè l’anno. Il caffè istantaneo – per la precisione il coffee mix, composto da caffè, panna e zucchero tutto in polvere – è al primo posto, seguito dall’instancabile americano. I luoghi preferiti dove acquistare e/o consumare il caffè rimangono le grandi catene come Starbucks, Angel-in.us, dal.komm, ecc. diffuse in modo capillare lungo tutto il paese. Tuttavia, come accennato precedentemente, negli ultimi 10-15 anni il concept di coffee shop sta progressivamente cambiando. Da esercizio commerciale atto solo all’incontro tra consumatore e venditore si sta virando verso una riproposizione attualizzata dei dabang di primo Novecento. L’obiettivo consiste nel ripristinare il ruolo sociale dei coffee shop attraverso la creazione di un ambiente intimo e confortevole; in altre parole si vuole dare vita a uno spazio fisico e mentale in cui ognuno possa (ri)costruire la propria realtà. Dunque, come i dabang tradizionali, i coffee shop indipendenti rivendicano una chiara identità e una natura poliedrica, necessaria per adattarsi alle esigenze delle persone che vi si recano ogni giorno. I dabang contemporanei rifuggono la dimensione elitaria e scelgono di aprirsi a chiunque sia disposto a vivere il dabang come spazio intimo personale in cui poter lavorare, studiare o semplicemente incontrare amici e/o i propri partner. Da veri trasformisti, i coffee shop non sono mai uguali a se stessi pur mantenendo una coerenza interna tangibile. Tutto merito della capacità dei gestori nel riuscire a mantenere un equilibrio in cui le diverse esigenze possono convivere armoniosamente. La costruzione di un rinnovato ruolo sociale procede di pari passo con la volontà di ridare significato al caffè. I dabang di oggi, infatti, non si limitano ad offrire un prodotto ma garantiscono un percorso esplorativo completo attorno ad esso, la cui finalità è l’acquisizione di una piena consapevolezza. In un incredibile percorso di circolarità un consumatore consapevole è un consumatore attento alle proprie scelte e con ogni probabilità un membro attivo della società. 

Come riconoscere e trovare i moderni dabang

Riscoprire l’origine di una tradizione conduce a qualcosa di innovativo solo se non si traduce in mera emulazione. I moderni dabang lo sanno bene e proprio per questo motivo hanno deciso di riproporre il passato esclusivamente nei principi che costituiscono il concept ma non nelle fattezze che, al contrario, rispecchiano appieno il design contemporaneo. Accanto al passato, un altro principio fondamentale che sottende al concetto di moderno dabang è la territorialità, declinata come necessità di riconoscersi in un luogo specifico. Da qui deriva un’identità forte e inconfondibile. 

Ciò che segue non è una classifica né tanto meno può costituire un elenco esaustivo dei dabang esistenti, serve più che altro ad orientarsi e a stimolare la curiosità.

Hakrim Coffee Shop (1956) non è soltanto uno dei coffee shop più antichi di Seoul, è un luogo dove si incontrano ricordi. È cambiato poco da quando negli anni ’50 accoglieva studenti universitari, artisti e pensatori; la lungimiranza dimostrata nel conservare il valore del passato permea l’ambiente attraverso la presenza di vinili e poster alle pareti.

Hakrim Coffee Shop dabang
Hakrim Coffee Shop

L’unicità è determinata dal trovarsi di fronte a qualcosa che si nutre e si sostiene di memorie. Non è un caso che sia stato scelto come location da alcune importanti produzioni di drama (My love from the stars e The heirs).

Namusairo. Aperto nel 2002 vicino l’Università Nazionale di Seoul, nel 2013 ha scelto di allontanarsi da criteri estetici futuristici per rifugiarsi nell’architettura tradizionale che il quartiere di Gwanghwamun conserva. Vicino al Gyeongbukgung Palace, Namusairo offre particolari caffè aromatizzati provenienti da tutto il mondo e all’interno di questa boutique del caffè la preparazione del caffè è un rituale praticato con amore e devozione.  

Namusairo dabang

Fritz Company. Coffee and Bread (2014). Attualmente sono tre i coffee shop aperti a Seoul e tutti e tre assolvono alla funzione di macchina del tempo in grado di riportare il passato davanti ai nostri occhi. Il design è interamente vintage ed è reso ancora più unico dall’accattivante logo retrò su cui appare una simpatica foca. Anche in questo caso grande attenzione è riservata al caffè, dalla selezione dei chicchi alla sua tostatura, e non si può dire che sia da meno quella dedicata alla sezione bakery. La Fritz Company ha acquisito un tale successo nel settore che non si accontenta di distribuire la propria selezione di caffè all’interno del paese ma da qualche tempo si è affacciata anche sul mercato americano. Una menzione particolare spetta al merchandising geniale in cui il logo con la foca appare in ogni forma e colore.  

Fritz coffee company dabang
fritz coffee dabang seoul

Biroso Coffee nasce nel 2016 nella parte ovest di Seoul in un caratteristico edificio dagli inconfondibili mattoncini rossi. Il design è minimal ed elegante e tutto, dalla posizione strategica con affaccio sul parco agli elementi d’arredo, concorre nel creare un ambiente unico ed accogliente. La mission è semplice: creare cultura attraverso l’interazione prodotta dalla condivisione di tempo e di una buona tazza di caffè. 

Scritto da Claudia Gifuni

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