Del latte d’artemisia e dell’orsa che voleva diventare umana
In questo periodo di chiusura forzata ripenso spesso a quando un anno fa ero in Corea. Mentre sono al pc e guardo la mia stanza ricordo le giornate passate a lavorare nel coffee shop vicino casa, sull’isoletta di Yeongjong-do. Quel luogo era così accogliente, con la sua musica rilassante di sottofondo, l’arredamento elegante ma allo stesso tempo moderno, la gentilezza dei baristi e la bontà delle loro bevande che addolcivano il mio tempo lì. E poi c’erano quelle lunghe vetrate dietro le quali si mostrava lo spettacolo di alberi che rapivano la vista, con il loro bel fogliame che l’autunno aveva tinto delle tonalità del caldo focolare, dal rosso, al marrone, passando per l’arancione ed il giallo.
Una delle specialità di questo posto, ed una delle mie bevande preferite, è il latte d’artemisia ssuk-latte 쑥라떼, difficilmente disponibile nelle grandi catene che affollano Seul, come Starbucks, Angel-in-us ecc. Non è facile descrivere il sapore del latte all’artemisia: si tratta di una bevanda fredda e dolce ma, allo stesso tempo, leggermente amara a causa del sentore “erboso” di questo vegetale. Ciliegina sulla torta sono i pezzettini di tteok, tortini di riso, che la completano rendendola una merenda abbastanza sostanziosa, se non un valido sostituto di pasti.
Ritengo meravigliosa la capacità di molti coreani di elencarti tutti i benefici di un certo tipo di ingrediente dell’hansik, la cucina coreana. L’artemisia, ad esempio, vanta proprietà anti infiammatorie, anti batteriche, rinforza il sistema gastrointestinale ed è efficace nel contrastare disturbi femminili, come mestruazioni irregolari. Chissà che non sia stato proprio questo legame con il sistema riproduttivo femminile a far si che questa pianta venisse associata alla mitica donna-orso, genitrice dell’altrettanto mitico fondatore della Corea, Tan’gun. L’uso magico che se ne fa nel mito fa ipotizzare che fosse usata nell’ambito della religione animista che caratterizzava i clan tribali che occupavano la penisola durante la preistoria. Ovviamente, per quanto riguarda i miti antichi, non vi è alcuna certezza ed è difficile andare oltre a mere ipotesi.
Accanto a questa, il mito mostra un altre grande protagonista dell’hansik: l’aglio. È curioso notare che le grandi quantità con cui è presentato in questo racconto rispecchiano l’abbondante uso che se ne fa ancor oggi tra i fornelli dei moderni coreani. Ovviamente, anche l’aglio è associato a tantissimi benefici per la salute, come proprietà anti infiammatorie, antiossidanti, digestive e di controllo della pressione e dei livelli di colesterolo nel sangue.
Ma andiamo a scoprire insieme la storia che racconta la fondazione della Corea avvenuta, secondo la tradizione, nel 2333 a. C.
Hwanung, figlio del Signore del Cielo Hwanin, espresse il desiderio di scendere dal cielo per vivere tra gli esseri umani. Il padre gli donò tre sigilli e scelse il monte T’aebaek (oggi Myohyang, Corea del Nord) come luogo dal quale il figlio avrebbe potuto regnare sugli uomini. Hwanung discese quindi su una sommità del monte T’aebaek, con al seguito tremila seguaci, ed in un luogo dominato da un albero di sandalo, cresciuto su un altare sacro, fondò Sinsi, la “Città di dio”. Accompagnato dal Signore del vento, dal Maestro della pioggia e dal Maestro delle nuvole, introdusse nel mondo la civiltà e fu a capo di tutte le attività umane, tra cui l’agricoltura e la medicina. Un’orsa ed una tigre, che vivevano insieme in una caverna, pregarono Hwanung affinché li trasformasse in esseri umani. Hwanung diede loro da mangiare dell’artemisia e venti spicchi d’aglio, e gli ordinò di restare cento giorni senza vedere la luce del sole. In questo modo sarebbero diventati degli esseri umani. La tigre, dallo spirito troppo indomito per riuscire a rispettare tale ordine, fuggì dalla caverna prima del termine prestabilito e rimase con le sue sembianze; mentre l’orsa, che aveva osservato il precetto, dopo ventuno giorni si trasformò in una donna.
Questa assunse il nome di Ungnyŏ 熊女, “donna-orso” e, non avendo marito, pregò sotto il sandalo sacro perché potesse avere un figlio. Hwanung, ascoltate le sue preghiere, decise di sposarla e dalla loro unione nacque Tan’gun Wanggŏm 檀君王儉. Nel cinquantesimo anno di regno del leggendario imperatore cinese Yao, Tan’gun Wanggŏm costruì la città di P’yongyang e chiamò il suo regno Chosŏn 朝鮮, da cui l’attuale definizione di “Paese del Calmo Mattino”. Il re Wu, fondatore della dinastia Zhou (1122 – 771 a.C.), nel suo primo anno di regno designò Kija come reggente di Chosŏn. Tan’gun si rifugiò allora nella città di Asadal sul monte Paeg’ak e qui, all’età di 1908 anni divenne un dio della montagna.
È possibile che questo mito rappresenti l’incontro di una cultura estera, forse proveniente dal nord, che venerava il Cielo (che si tratti di una forma primordiale di tengrismo, religione di tipo animista dei popoli delle steppe e dell’Asia centrale?), con gruppi tribali caratterizzati dal totemismo. La rivalità e conseguente successo dell’orsa sulla tigre potrebbe manifestare un conflitto tra due tribù. Va qui ricordato che la tigre è presente in molti racconti appartenenti al patrimonio folkloristico coreano. Ritenuta capace di cacciare gli spiriti malvagi, la sua immagine veniva disegnata sui talismani per la sua funzione apotropaica. Tutt’oggi molti coreani associano la conformazione della penisola coreana con la sagoma di una tigre.
Dall’altra parte abbiamo l’orso, animale che svolge un ruolo importante nella mitologia di diverse popolazioni del nord-est asiatico. Gli sciamani siberiani venerano l’orso, considerandolo loro antenato. Un mito in qualche modo simile a quello di Tan’gun appartiene agli Ainu del Giappone, popolo che pratica lo sciamanismo ed una religione di tipo animista. Questo mito narra che un giorno, una donna che soffriva la solitudine a causa della perdita del marito e la mancanza di figli, incontrò un uomo vestito in abiti scuri. Egli affermò di essere un dio della montagna, cioè un orso. Dalla loro unione nacque un bambino che diventò un portentoso cacciatore ed un uomo di grande eloquenza, che ebbe molti figli, dai quali si originò il popolo degli Ainu. Questi ancor oggi si definiscono Kimun Kimui sanikiri, cioè “discendenti dell’orso”.
Un altro elemento che richiama allo sciamanesimo è il ruolo sacro assunto dall’albero di sandalo, che possiamo equiparare all’”albero cosmico”, elemento essenziale per lo sciamano.
Tornando al nostro latte d’artemisia, se amate il gusto del matcha è probabile che possa piacervi anche questa bevanda. Potete facilmente farla anche a casa, basterà procurarvi dell’artemisia in polvere ad uso alimentare (questo, forse, il passaggio più impegnativo, ma online e probabilmente anche in erboristeria sarete in grado di trovare qualcosa). Basterà sciogliere un cucchiaino di artemisia in poca acqua calda (eventualmente con l’aggiunta di zucchero a piacere, in base alle vostre preferenze), aggiungere qualche cubetto di ghiaccio ed, in fine, riempire la tazza di latte (se lo preferite vegetale, credo che il latte di soia o di avena siano i più adatti, ma si potrebbe sperimentare anche la combinazione con un più dolce latte di mandorle!). Se volete, potete completare guarnendo con della panna montata.
Sorseggiando questa bevanda spero vi ricorderete dell’orsa che voleva diventare umana, della sua resistenza e perseveranza, e la finale rinascita che ha sancito la realizzazione del suo sogno. In questi giorni così difficili, questa storia ci ricorda l’importanza del portare pazienza, perché prima o poi potremo uscire anche noi dalla caverna, e nascere a nuova vita.
FONTI:
De Nicola, Giuseppina 2018. Sistema familiare e società in Corea. Dall’antichità ad oggi. Milano: FrancoAngeli.
Iryŏn, a cura di Riotto M. 2019. Samguk Yusa, Memorie dei Tre Regni. Bari: Omnibook.
Lee, Jung Young 1973. Concerning the Origin and Formation of Korean Shamanism. Numen, 20(2), 135-159.
Riotto, Maurizio 2018. Storia della Corea. Dalle origini ai giorni nostri. Firenze – Milano: Giunti Editore/Bompiani
Sara Bochicchio