Amiamo parlare di cibo e amiamo farlo con chi pone la ricerca dell’autenticità al centro delle proprie scelte. Questa volta abbiamo chiacchierato con Stefano Chung, proprietario insieme a sua moglie Valentina Bae del ristorante Gainn di Roma. Segnalato dalla Guida Michelin sia per il 2021 che per il 2022, il ristorante Gainn offre ai clienti un’esperienza sensoriale completa in grado di ricreare un’atmosfera unica in cui scoprire i sapori della tradizione coreana.
Da quasi 15 anni Gainn offre la possibilità di incontrare la cultura coreana attraverso il cibo. Come è nata questa idea e che cosa ha significato portarla avanti nel corso di questi anni? Immagino che il ristorante sia lo specchio dei cambiamenti avvenuti in voi e nel contesto circostante.
Assolutamente. È stata mia moglie Valentina Bae l’ideatrice di questa scelta, molto ponderata e ragionata. Sentiva il bisogno di far conoscere la nostra realtà coreana anche all’Italia dove ormai avevamo trovato una seconda casa. Io l’ho seguita solo qualche anno dopo, lasciando il mio lavoro per dedicarmi completamente alla ristorazione. Nel corso di questi anni il cambiamento più significativo è avvenuto in cucina. Dopo aver collaborato con diversi chef siamo riusciti a trovare un perfetto equilibrio solo con Daniel Kim, che ormai si può definire come parte della famiglia.
Gainn è l’unico ristorante coreano a poter vantare di essere consigliato nella Guida Michelin 2021, un riconoscimento importante ma anche una grande responsabilità. Ogni elemento deve essere impeccabile. Come riuscite a gestire tutto?
Si, un successo che è stato confermato anche nella Guida per l’anno 2022 e che per noi significa una grande soddisfazione sia lavorativa che personale. La scelta di materie prime importate dalla Corea e di prodotti freschi acquistati personalmente al mercato uniti a rapporti diretti con i nostri fornitori italiani e un’attenzione particolare alle esigenze e richieste del cliente riteniamo siano i punti di forza della nostra attività. Fondamentali sono anche la velocità, la precisione e la coordinazione in cucina.
Il nostro obiettivo è quello di lasciare sempre il miglior ricordo della cucina coreana ai nostri ospiti italiani e non.
Il principio che anima Gainn è l’autenticità non solo nel proporre i sapori dell’hansik ma più in generale nell’esperienza di avvicinamento alla cultura coreana. Come riuscite a rispettare tale criterio?
Autenticità per noi è la parola d’ordine, per un ristorante etnico fuori dal suo paese d’origine. Per poterla rispettare bastano solo due cose: semplicità e tradizione.
Quali sono i clienti abituali? E le persone che si affacciano per la prima volta, che reazione hanno al termine del pasto?
La nostra clientela è fortunatamente molto eterogenea. Sedendovi tra i tavoli sarete circondati tanto da Ambasciatori in visita di stato quanto da studenti di lingue orientali piuttosto che da lavoratori della zona, appassionati della cucina coreana o più semplicemente da persone curiose di provarla per la prima volta. È motivo di grande orgoglio per noi vedere su di loro le reazioni soddisfatte a fine pasto, certi che torneranno presto per assaggiare gli altri piatti proposti nel nostro variegato menù.
Qual è il processo che seguite nella scelta dei piatti che compongono il menù? Avete mai incontrato difficoltà nel reperire ingredienti? Avete mai rinunciato a inserire qualche piatto?
La tradizione è alla base del nostro menù che a seconda della stagione si arricchisce di nuovi piatti. Un esempio sono i mul-naengmyeon (물냉면) tipici del periodo estivo.
Fortunatamente, non abbiamo riscontrato mai grosse difficoltà nel reperire le materie prime che, come già accennato, ci arrivano direttamente dalla Corea. Tuttavia, a causa della complessità e delle tempistiche di lavorazione di alcuni piatti siamo stati costretti a non considerarli tra le proposte del menù.
L’hansik si basa sull’armonia di sapori, sull’equilibrio e sul rispetto della stagionalità. Non è un caso che la cucina coreana sia considerata tra le più salutari al mondo. Potete darci qualche consiglio da applicare nell’alimentazione di tutti i giorni?
L’”Hansik” è davvero un bel modello da seguire, l’unico consiglio che potrei dare è quella di dare importanza anche ai colori nei piatti. Non è scontato, ma i piatti coreani sono belli da vedere, ma lo sono perché dentro ci sono miriadi di colori, cioè una vasta gamma di verdure principalmente e poi in secondo luogo carni e riso.
A distanza di quasi due anni dall’inizio della pandemia come è cambiato il modo di fare ristorazione? Quali sono le principali criticità con cui vi confrontate ogni giorno?
La pandemia ha davvero scosso il mondo in generale e quello della ristorazione per noi in particolare.
Sono tanti gli aspetti che sono cambiati a partire dal distanziamento dei posti fino alla scelta sempre più frequente di delivery o take away per mangiare direttamente in casa.
Questa per noi è la criticità maggiore che abbiamo riscontrato perché riteniamo che si alteri moltissimo il sapore di un piatto non mangiato appena cotto. Un esempio lampante sono le nostre zuppe tradizionali (una tra tutte la nota “Kimchi-jjigae”) che nel ristorante vengono servite direttamente nella ciotola di terracotta bollente dove è avvenuta la cottura. Questo mantiene i sapori vivi e inalterati.
Quali sono i vostri consigli per chi si vuole avvicinare alla cucina coreana? Quali piatti provare e quali evitare prima di aver educato il palato ai nuovi sapori?
Come in tutto nella vita, bisogna avere un pizzico di curiosità. Il consiglio che mi sento di dare è di provare. Senza provare le cose non si può mai sapere se una cosa ti piace o no.
Solitamente, a chi si approccia per la prima volta, consigliamo di iniziare con piatti che assomiglino maggiormente alla cucina italiana, per esempio gli straccetti di manzo marinati nella soia (Bulgoghi), frittata ai frutti di mare (Haemul-pajeon), gli spaghetti di fecola di patate (Japchae) oppure i vari tipi di pollo fritto e maiale marinato (Chicken-deopbap, Gainn-deopbap, Jeyuk-deopbap).
Naturalmente ad educare il palato di persone poco avvezze alla cucina coreana ci pensano i vari contorni coreani chiamati “Banchan”, tra cui trovate l’immancabile Kimchi.
Avete mai pensato di inserire, accanto alla ristorazione, una parte dedicata all’insegnamento della tradizione gastronomica coreana?
Si, ci avevamo pensato. Tuttavia, l’Istituto Culturale Coreano sta già facendo un ottimo lavoro sotto questo aspetto. Organizza molti corsi gastronomici, nei quali insegnano a cucinare diversi piatti della tradizione coreana.
Tra l’altro, il nostro chef Daniel che ha tenuto qualche lezione è stato uno degli insegnati più apprezzati in questi corsi.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Per il momento concentrarci sul presente e riprenderci dal disastroso anno passato a causa della pandemia mondiale. Aspettare il ritorno della normalità, in cui la sera entravi al ristorante e potevi essere catapultato in qualsiasi altro ristorante a Seoul.
Gainn. Via dei Mille 18, Roma. Tel. 06 44360160 – 328 3856153. Sito. Pagina FB. Profilo Instagram.
All Images Courtesy of Gainn Restaurant
Intervista di Claudia Gifuni