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The Korean Vegan – Intervista a Joanne Lee Molinaro

Dimostrare affetto e condividere ricordi attraverso il cibo. Dal 2016 Joanne Lee Molinaro scrive le sue ricette sul blog The Korean Vegan e nel 2020, in piena pandemia, ha aperto il suo profilo TikTok dove racconta le storie della sua famiglia e della sua vita, preparando del delizioso cibo vegano. Un successo che l’ha portata ad essere tra le food blogger più seguite sui social e alla vittoria del prestigioso James Beard Media Award con il suo libro di cucina “The Korean Vegan Cookbook”.  

È opinione comune che la cucina coreana sia incentrata sulla carne, dal bulgogi al samgyeopsal, ma la realtà è che la cucina coreana tradizionale si basa molto sull’utilizzo e il consumo di verdure e legumi ed è ideale per una dieta vegetariana e vegana. Basta considerare che i banchan (contorni) possono essere preparati evitando i prodotti di origine animale. La cucina coreana dei templi buddisti evita del tutto gli alimenti di origine animale e propone una alimentazione vegana. Ma com’era la tua alimentazione mentre crescevi e com’è cambiata da quando sei diventata vegana?

La mia famiglia non era benestante quando vivevamo in Corea e sebbene negli Stati Uniti la nostra condizione economica fosse migliorata, non potevamo certo considerarci ricchi. Di conseguenza, crescendo, abbiamo mangiato in modo molto semplice, consumando poca carne. Mia nonna curava un orto nel nostro giardino: zucche, pomodori, mais, foglie di perilla, peperoncini. Questi sono i cibi che riempivano la nostra tavola. La carne era riservata per le occasioni speciali, come i compleanni o le feste. Di conseguenza, quando sono diventata vegana, ho scoperto che non era poi così difficile come pensavo. Avrei continuato a mangiare molti degli alimenti con cui sono cresciuta, escludendo uno o due ingredienti (ad esempio, la salsa di pesce).

In che modo il cibo ti ha aiutata a recuperare la tua storia familiare?

Il cibo è sempre stato un punto di partenza per me. Potevo chiedere a mia madre come si preparava il sujebi (pasta fatta a mano), e lei mi rispondeva raccontando di come sua madre lo preparava per quando erano poveri, di come la zuppa fosse acquosa perché non avevano altro che vecchie radici per insaporire il brodo, e quindi di come, nonostante il sujebi sia così popolare nella mia generazione, per mia madre rappresenti la povertà e la privazione (e quindi lo odia!). Ricordo che molti anni fa mia madre iniziò ad arrostire ogni giorno una patata dolce nel suo fornetto. Mentre ne sbucciava una, mi disse che erano il suo “cibo preferito” e, quando le chiesi perché, mi spiegò che da bambina era solita raccogliere gli avanzi delle patate dolci e mangiarli crudi.

Qual è il tuo comfort food coreano?

Adoro il sundubu jjigae (stufato di dubu morbido, qui la nostra ricetta). È il primo piatto che mia madre mi ha insegnato a fare e i pezzetti di dubu morbido mi fanno sempre sentire amata e serena!

Da avvocato di successo a creatrice di contenuti, maratoneta, autrice di un libro bestseller e conduttrice di podcast, tra tante altre cose. Com’è stato passare dal tuo precedente lavoro a uno creativo in cui ti apri al pubblico per parlare anche della tua vita personale. Ti ha aiutato a superare alcuni problemi con cui hai lottato in passato?

Cambiare carriera è stato terrificante! I miei genitori erano contrari e io avevo molti dubbi. Ma alla fine mi ha permesso di dedicarmi ad attività più artistiche, che ho trovato molto più  appaganti a livello personale. Essere sotto gli occhi di tutti e condividere le storie intime del mio passato può essere impegnativo a volte, perché mi sembra che spesso online le persone abbiano la tendenza a giudicare in continuazione. Per la maggior parte comunque, parlo di parti della mia vita che sono stabili o difficoltà che ho già superato. Non parlo di cose che mi fanno ancora male o con cui sto ancora lottando, soprattutto per proteggere me stessa. Parlo di avvenimenti che fanno parte del mio passato e da cui mi sono ripresa, in modo da poter condividerne una visione già facilitata dal trascorrere del tempo, e magari aiutare le persone che stanno attraversando dei periodi difficili simili.

Quando ho iniziato a conoscere la cucina coreana, ho scoperto molte somiglianze, in quanto italiano, con la cultura culinaria in cui sono cresciuto. Come è stato per te e per il tuo partner adattarsi alla cultura culinaria dell’altro?

Credo che ci siano molte similitudini tra la cultura culinaria italiana e quella coreana, a partire dal fondamentale amore per il cibo! Ma, soprattutto, vedo una bellissima umiltà nel cibo di entrambe le culture. Non c’è nessun tipo di pretenziosità o snobismo, ma semplici principi di sopravvivenza, comunità e amore. Quando Hahlmuhnee (nonna) mi preparava il jjigae (stufato), era molto simile a quando la nonna preparava la pasta a mio marito. Niente fronzoli: l’aspetto del piatto passa in secondo piano, quello che importa è che abbia un sapore delizioso e che sia nutriente.

Inoltre, l’amore di Anthony per la pasta è simile al mio amore per i noodles! Come puoi immaginare è molto facile preparare qualcosa che piaccia a entrambi!

Qual è la tua opinione sul veganesimo e sul vegetarianesimo in Corea?

Solo il 2% delle persone in Corea del Sud evita di consumare carne. Di conseguenza, il vegetarianismo, e ancor meno il veganismo, sono estremamente rari in Corea. Detto questo, il cibo dei templi – un tipo di cucina che evita in larga misura i prodotti animali – sta vivendo un aumento di popolarità e molte celebrità hanno iniziato ad adottare diete a base vegetale per motivi di salute. Le principali aziende alimentari, come Pulmuone o Chung Jung One, stanno sviluppando molto prodotti vegetariani e vegani, a partire dalle salse coreane gochujang e doenjang.  Anche le innovazioni nel campo dei prodotti cosmetici vegani suggeriscono che in Corea c’è certamente una maggiore interesse verso questo tipo di prodotti.
Tuttavia, rimane molto difficile condurre una vita completamente vegana in Corea: anche se gran parte del cibo è a base di verdure, molti banchan contengono salsa di pesce. La mia speranza è che in 5 o 10 anni si assista a una normalizzazione delle opzioni vegane e a base vegetale, proprio come abbiamo visto in Italia. Quando siamo andati a Roma per la prima volta, i cornetti vegani erano una rarità. Ora si possono trovare anche all’aeroporto!

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